Cos’è la sindrome da rialimentazione?
La sindrome di rialimentazione è una condizione che può verificarsi quando un paziente è affetto da particolari disturbi legati alla malnutrizione. In questo post faremo il punto su questa particolare condizione, su che cosa è, quali sono i sintomi e quando può presentarsi.
Che cos’è la sindrome da rialimentazione?
La sindrome da rialimentazione o Refeeding syndrome si potrebbe manifestare nei pazienti malnutriti e che vengono sottoposti a un nuovo regime alimentare.
Questa sindrome è stata verificata la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale. I prigionieri di guerra, una volta liberati, morivano a causa di un eccesso di cibo.
Generalmente, questa condizione può essere più frequentemente osservata nei pazienti geriatrici, oncologici oppure che soffrono di anoressia nervosa e altri disturbi legati all’alimentazione.
Quali sono i sintomi della sindrome da rialimentazione?
Per identificare questa sindrome è necessario che il paziente risponda a determinati criteri come aver praticato il digiuno da più di 10 giorni, oppure presentare una carenza di nutrienti, tra questi ultimi vanno valutati i valori di Vitamina K, Magnesio e di fosfati (PO4).
In alternativa il paziente dovrebbe mostrare un indice di massa corporea inferiore a 16 e una perdita di peso pari al 15% avvenuta in circa sei mesi.
Se si verificasse uno di questi eventi potremmo essere in presenza di una diagnosi che attesti la manifestazione della Refeeding Syndrome nel paziente.
Quali sono i disturbi causati dalla sindrome da rialimentazione?
In questo tipo di pazienti possiamo osservare dei disturbi di tipo elettrolitico e neurologico. Quando si effettuano periodi di digiuno prolungato si possono notare livelli di vitamine e minerali che si riducono sensibilmente. Un altro fenomeno osservato riguarda la diminuzione della secrezione dell’insulina, mentre quella di glucagone aumenta.
Che cosa accade, quindi, quando l’organismo è sottoposto a rialimentazione? Durante, l’assunzione di cibi riprende la secrezione dell’insulina, che va a compensare l’aumento della glicemia.
Aumenta anche la sintesi di glicogeno, acidi grassi e proteine, che richiedono fosfati, magnesio e potassio. Se questi ultimi sono presenti in scarse quantità all’interno dell’organismo vengono esauriti in maniera molto rapida.
A questo punto si genera uno spostamento degli elettroliti a livello del comparto intracellulare e una diminuzione degli elettroliti nel siero. Questo fenomeno dà vita a una migrazione del glucosio, dei fosfati, del potassio e del magnesio che vengono a mancare nel plasma.
Le conseguenze della sindrome da rialimentazione
La mancanza di nutrienti all’interno del plasma può generare degli scompensi a livello dell’apparato circolatorio e muscolare. Nel paziente affetto da Refeeding Syndrome possiamo notare:
- tetanie – contrazioni involontarie e forzate dei muscoli;
- spasmi;
- aritmie;
- insufficienza cardiaca;
- insufficienza respiratoria;
- edema polmonare;
- la comparsa di edemi periferici e sovraccarico acuto della circolazione.
Inoltre, se si osserva anche una diminuzione di tiamina, il paziente potrebbe andare incontro anche a forme di encefalopatia e acidosi metabolica.
Come prevenire la sindrome da rialimentazione?
La sindrome da rialimentazione riguarda una determinata fascia di pazienti che devono ristabilire un percorso nutrizionale equilibrato, che vada a sostituire un regime di malnutrizione.
La malnutrizione, come abbiamo accennato in passato, può riguardare sia l’assunzione di un eccesso di cibo o la mancata assunzione di cibo. In entrambi i casi possiamo notare la mancanza di nutrienti fondamentali che presiedono il funzionamento dell’organismo.
Ogni caso va trattato in maniera specifica e con un regime dietetico controllato, che favorisca un’assunzione graduale del cibo. In tal caso, in base al consiglio del medico potrebbe essere necessario il ricorso a degli integratori specifici e alimenti ai fini medici speciali che consentono al paziente di integrare i nutrienti necessari al proprio fabbisogno, fino a ottenere valori nella norma nel momento in cui si effettuano gli screening previsti per appurare il superamento di questo stato patologico.